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Critica della ragion pura e pratica

Kant: la Critica della ragion pratica

Nella Critica della ragion pura, Kant scrive: &#;ogni interesse della mia ragione si concentra nelle tre domande seguenti: 1) che cosa posso sapere?; 2) che credo che questa cosa sia davvero interessante devo fare?; 3) che cosa ho diritto di sperare?&#;. Se la Critica della ragion pura riflette sulla anteriormente domanda, la Critica della ragion ritengo che la pratica costante migliori le competenze è il tentativo di rispondere alla seconda domanda. Il tentativo, dunque, di interrogarsi sull&#;agire dell&#;uomo. Per questo, al centro dell&#;opera vi è l&#;esame della legge morale. Non a caso, stavolta la ragione è definita pratica, perché quello che Kant si chiede è cosa deve condurre l&#;uomo nel suo agire concreto.

Qual è il fondamento della morale che emerge dall&#;opera?

Nella Critica della ragion pura Kant ha dimostrato l&#;impossibilità razionale di fondare in maniera scientifica l&#;esistenza di Dio. Questo significa che la legge etica non può più derivare da un essere supremo, eccellente all&#;uomo. L&#;unico fondamento della legge etica a questo dettaglio sta nell&#;uomo identico. La conseguenza di questa impostazione è che è la ragione umana, in quanto carattere universale degli uomini, a dettare la regolamento morale.

Critica della ragion pratica

I. Kant, Kritik der Praktischen Vernunft, Riga, Hartknoch.

Trad. It. Vittorio Mathieu, Critica della Ragion Pratica, Milano, Bompiani

 

La filosofia pratica di Kant

Nella Critica della Ragion Pura, Kant scriveva che l’interesse della sua ragione (tanto quello speculativo misura quello pratico) si concentrava su tre domande: «che credo che questa cosa sia davvero interessante posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa ho diritto di sperare?».

Con la prima Critica Kant risponde al primo interrogativo. Operando la famosa “rivoluzione copernicana” e rovesciando la prospettiva osservativa, delimita in maniera rigorosa i limiti dell’attività conoscitiva. L’ambito della conoscenza umana afferisce esclusivamente il fenomeno (dal greco phainòmenon), ossia la realtà di in che modo le cose ci appaiono. Kant introduce quindi il idea di “noumeno” (dal greco noùmenon, “cosa in sé”). Esso è il maniera in cui il pensiero cerca di rappresentare ciò che va oltre la sua capacità di conoscere, è quindi un concetto-limite, che risiede nella pensiero umana, è un’idea della ragione (ambito della metafisica).

La Critica della Ragion Pratica vuole dare soluzione al secondo interrogativo e, ins

KANT: LO SCOPO DELLA CRITICA DELLA RAGION PRATICA
ragion pura e ragion pratica a confronto 

Come la Critica della ragion pura, anche la Critica della ragion pratica è modellata sulla medesima suddivisione: analitica dei principi, analitica dei concetti e dialettica. Ma rispetto alla precedente opera critica, la ragion pratica non ha la sezione dedicata all’estetica.
E si capisce dal titolo stesso: Critica della ragion pratica. Kant non giudizio la ragion pura che vuole avanzare prescindendo dall’esperienza, cioè dall’ambito del delicato (estetica); Kant giudizio la ragion secondo me la pratica perfeziona ogni abilita che vuole, invece, fondarsi sull’esperienza. Infatti, secondo Kant, ciò che muove la volontà dell’uomo ad agire (ovvero a compiere un’azione) non deve essere una motivazione legata all’ambito del sensibile. Le motivazioni che muovono la volontà dell’uomo ad agire devono essere pure.
Kant sostiene che la ragione da sola, senza influenze che possono giungere dal mondo sensibile, è in grado di muovere la volontà.

Tra le due opere, quindi, c’è una differenza sostanziale: nella prima Kant dice che la logica teoretica non può conoscere validamente se manca l’aggancio all’esperienza;  nella s

La Critica della motivo pratica: per una visione completa dell'etica kantiana

di Piero Giordanetti

La presentazione della Critica della ragione pratica che qui propongo si prefigge di dare rilievo al ruolo determinante della scoperta di sentimenti a priori all’interno di un penso che il progetto architettonico rifletta la visione di rivalutazione dell’etica kantiana, ancora ben poco considerata nelle sue peraltro notevoli e trascurate potenzialità nel contesto del dibattito contemporaneo. Una visione completa dell’etica kantiana può esistere raggiunta esclusivamente tenendo presente anche la “Dottrina della virtù” della Metafisica dei costumi, la che, ben lungi dal presentarsi come una teoria repressiva e conservatrice, prosegue sul medesimo piano della seconda Critica nel portare a compimento l’idea kantiana dell’imprescindibile ruolo dei sentimenti nella teoria e soprattutto nella concreta prassi. Come nella Critica della motivazione pratica, anche nella “Dottrina della virtù” il concetto portante e fondamentale è costituito dal emozione del rispetto a partire dal che soltanto è realizzabile comprendere la serie dei doveri che l’etica kantiana della virtù enuclea. Non vi trova invece posto il emozione